Polifonia del segno - Arte e mitologia

Fernanda Facciolli
Segno, colore e mito
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Polifonia del segno
 Anni fa, ho avuto l’onore e il piacere di cantare come soprano non solista nel Coro Polifonico Veneziano, diretto dal Maestro Gianni Checchini; splendido coro veneziano che eseguiva madrigali del Cinquecento, melodrammi polifonici del Seicento, Monteverdi e altri autori. Il coro è stato poi diretto da una ex-allieva del Maestro Checchini, la Maestra Mara Bortolato, e anche in questo ho avuto il piacere di cantare. Dalla complessità e dalla bellezza della musica polifonica, ho preso l’ispirazione per mettere a punto il mio personale linguaggio pittorico “segnico”.
 Mentre abbozzavo le mie figure pittoriche,  immaginavo di rappresentare con i miei segni le voci umane e con le pennellate l’intervento strumentale.
  Per chi non lo sapesse, nell’opera musicale polifonica esistono almeno quattro voci umane corali (soprani, contralti, tenori e bassi) che cantano contemporaneamente ma quasi sempre “sfasate” nel tempo, come nella canzoncina “Fra’ Martino campanaro”; esse cantano ognuna un’ottava sopra o sotto all’altra; ma anche cantano lo stesso tema base con melodie diverse e parole diverse. Spesso esistono anche delle voci soliste, che cantano più forte di quelle corali, emergendo su di esse. E infine, spesso ci sono gli strumenti (clavicembalo, oboe, ecc.) che eseguono melodie simili a quelle delle voci umane, ma più in sordina.
  Ho fatto corrispondere le voci soliste ai miei segni più larghi, i quali sono pochi ma emergono con forza da una rete delicata di molti segni sottili, che rappresentano le voci del coro, e ho fatto corrispondere il suono degli strumenti con le pennellate di colore.
  E tutti, segni e pennellate, cantano lo stesso madrigale, alla Dea Madre, all’Amore o…all’eleganza felina, con “brani” simili ma mai uguali, perché, se un segno forte emergente (il solista) racconta a modo suo il profilo di una coscia, un gruppo di altri segni sottili la descrive nel suo spostarsi nello spazio o nel suo modificarsi gonfiando o rilassando i muscoli, oppure privilegiando la descrizione della rotula piuttosto che quella della carne. Le pennellate, a loro volta, si insinuano come la voce suadente dell’oboe o il suono del clavicembalo, per un gioco d’ombra o per enfatizzare un segno “solista”.
  Alla fine, però, la composizione musicale, come quella pittorica, deve risultare ben armonizzata e varia, diversificata nelle voci ma equilibrata nel suo insieme; come, nella musica, nessun concertista deve sbagliare, così nell’opera visuale ogni segno dev’essere “giusto”, meditato, esperto; ma deve occupare il posto che gli compete, a volte deve emergere, a volte deve restare in sordina a formare un’opera complessivamente dinamica, asimmetrica ma non squilibrata.
  Non so se e quante volte ci sono riuscita, ma questo era e sarà l’obiettivo della mia ricerca “segnica”. E che…la Dea Madre mi assista!
 
Fernanda Facciolli, 18 Novembre 2009

Fernanda Facciolli
"Polifonia di gatto che cade", 2009, acrilico su tela, 40x30 cm.

Fernanda Facciolli
"Segmenti 2", carboncino su carta, cm.50x35, 2008

Fernanda Facciolli
"Segmenti 1", carboncino su carta, cm.50x35, 2008.

Fernanda Facciolli
"Segmenti 1", carboncino su carta, cm.50x35, 2008.
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